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Antonio Fortunato

Antonio Fortunato

Aldo Ciccolini, eccelso pianista, così definiva la personalità musicale di Antonio Fortunato: «… è estremamente raro imbattersi oggi in un compositore che, lungi da compiacersi in atteggiamenti pseudo-avveniristici ormai scontati, senta imperiosa l’esigenza di scrivere musica che parta da presupposti di ben altro valore che non quelli, intellettualoidi o addirittura consumistici, che la nostra società in sfacelo ci ripropone fino alla noia quotidianamente. Antonio Fortunato appartiene a quella sparutissima falange di musicisti che hanno detto no al terrorismo culturale. La sua è un arte fatta di ricerca interiore, di anelito verso altre realtà, arte che non si limita a speculazioni di ordine sintattico musicale ma che tende verso orizzonti infinitamente più vasti: quelli della spiritualità …».

In sintesi in queste affermazioni, è riassunto il carattere precipuo e la progettualità di un artista che ha vissuto e vive la propria parabola esistenziale e artistica, in maniera totalizzante, al fedele servizio delle muse, lavorando instancabilmente per il raggiungimento di esiti di vera eccellenza estetica, attraverso una copiosa produzione, che spazia agevolmente e con grande padronanza, tra tutti i generi e le possibilità che gli sono offerti dalla dimensione mutevolissima del pentagramma.

Ovvero, stiamo conversando intorno ad un compositore di considerevole valore creativo e dal sensibilissimo e raffinatissimo talento, e quindi di un artista genialmente encomiabile per le sue scelte coraggiose e precise, e soprattutto per le sue prese di posizione morali inequivoche, tutte le volte che affronta con determinatezza la complessa riflessione sulla contemporaneità.

Cosicché, non si esagera nell’affermare che, sia dal punto di vista umano, sia da quelli artistici e professionali, che i principi e la collocazione di quest’autore, sono veramente inappuntabili ed appartengono ad un vero demiurgo delle sonorità sorprendenti che, sin dal principio ha rinunciato alla facile retorica e alle mode effimere ed incomprensibili, per incamminarsi lungo traiettorie di autentico rinnovamento ideale, anche quando si presenta più impervio.

E nonostante le molteplici difficoltà sostenute, durante l’aspro viaggio, con tenace perseveranza, senza mai accettare compromessi e convenienze di alcun genere, confidando sulla sua grande capacità di lavoro inesauribile, un po’ dappertutto è riuscito a diffondere, riscotendo ampi consensi di critica e di pubblico, la poetica del suo teatro operistico impegnato. Un intento perseguito con rigorosa metodica e ricerca intransigente da vero pioniere che ama il cimento difficile e che, da decenni, si prefigge la rifondazione, se non la vera rinascita, del nuovo melodramma italiano, nella prospettiva dei nuovi valori sociali, e delle esigenze maturate e mutate dei nostri tempi.
Ma il suo sentiero, conquistato un metro dopo l’altro e un’affermazione dopo l’altra, con fatica titanica, non è volutamente e apparentemente sconvolgente, poiché ogni sua conquista formale e contenutistica, non tradisce mai la grande tradizione del melodramma italiano che, nei secoli, ha avvicendato alla ribalta mondiale i più grandi autori di conclamata fama. E in questo senso A.F. può dirsi un continuatore della grande tradizione operistica.

Ampia, diversificata, drammaturgicamente interessante, emozionalmente vivida e sempre aperta nell’esplorazione di nuovi territori storici e sociali, è la sua produzione, che spazia, prestigiosamente, su quasi tutti i generi consentiti dal pentagramma. Ed è, in ogni caso, avvertibile in ogni sua pagina, una forza narrativa intensa e comunicativa straordinaria, un colore mai prevedibile e sempre iridescente, una mediazione armonica trascendentale, e sempre introducendo, sapientemente, rivolgimenti ben ponderati e mai ispirati alla provvisorietà.

Nella sua tavolozza c’è l’universo intero, dalle mille sfaccettature inspiegabili e misteriche, insomma, una vera e propria cosmogonia che lo pone e predispone all’uso equilibrato di corposi e rarefatti linguaggi che magistralmente sono resi comprensibilmente vicini al fruitore di questa nostra epoca confusa ed instabile.

La sola cosa che può essere suggerita al pubblico, davanti ad una tale complessità e una così ricca e variegata produzione è quella di accostarsi alla sua musica, ma badando a non lasciarsi forviare da preconcetti che sono sempre forvianti e in insidioso agguato. E, ovviamente, di emettere compassato giudizio solo dopo essersi immersi spiritualmente nell’universo emozionale di quest’artista che, senza dubbio, ha già scritto pagine di notevole caratura, nella storia della musica di questo primo, quasi ventennio, di nuovo millennio.

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